Il tatuaggio è mio o dell’artista? Il confine tra corpo e creatività.
Il tatuaggio è una delle forme d’arte più intime e permanenti: un disegno inciso sulla pelle, destinato a diventare parte del corpo e dell’identità di chi lo porta.
Ma c’è una domanda che da anni solleva discussioni tra artisti, giuristi e tatuati: a chi appartiene davvero un tatuaggio?
All’artista che lo ha creato — e quindi ne detiene i diritti d’autore — oppure alla persona che lo indossa sulla pelle?
🎨 Il tatuaggio come opera d’arte
Dal punto di vista artistico, il tatuaggio è un’opera originale dell’ingegno.
Se risponde ai requisiti di creatività e originalità, può essere protetto dal diritto d’autore come qualsiasi altra opera artistica.
In teoria, dunque, l’artista che lo realizza conserva i diritti morali e patrimoniali sul disegno.
Questo significa che:
- l’artista rimane autore dell’opera, anche dopo averla tatuata;
- il tatuato non può riprodurla o sfruttarla commercialmente senza il consenso dell’artista (per esempio stampandola su magliette o usandola in pubblicità);
- tuttavia, la persona tatuata ha il diritto di mostrarla liberamente, poiché fa parte del proprio corpo.
💪 Il corpo come “tela vivente”
D’altro canto, il tatuaggio vive sul corpo di una persona, che diventa a tutti gli effetti co-protagonista dell’opera.
Una volta impresso sulla pelle, il tatuaggio non può essere separato dal corpo, e quindi non può essere trattato come un quadro o una scultura.
In questo senso, chi si fa tatuare ha un diritto personale e assoluto sulla propria immagine e sul proprio corpo.
Ne deriva che:
- l’artista non può pretendere di rimuovere o modificare il tatuaggio senza il consenso del tatuato;
- non può neppure impedire al tatuato di mostrarsi pubblicamente, anche se ciò comporta l’esposizione dell’opera;
- il tatuato non è “supporto” dell’artista, ma proprietario del proprio corpo, su cui l’opera è inscindibilmente fusa.
⚖️ I casi celebri e la giurisprudenza
Il tema è diventato concreto con alcuni casi internazionali famosi:
- Mike Tyson vs. Warner Bros (2009) – L’artista S. Whitmill, autore del tatuaggio sul volto di Tyson, citò in giudizio la Warner per aver riprodotto il tatuaggio nel film Una notte da leoni 2 su un altro attore. Il caso si concluse con un accordo extragiudiziale, ma aprì un precedente sulla tutela dei tatuaggi nel cinema.
- Videogiochi e sportivi – Alcuni tatuatori hanno fatto causa alle case di produzione di videogiochi sportivi (NBA 2K, FIFA) per aver riprodotto fedelmente i tatuaggi degli atleti virtuali. Anche qui, la legge ha spesso riconosciuto una co-titolarità implicita: il tatuaggio può essere mostrato se è parte dell’immagine pubblica della persona.
🤝 Un equilibrio tra arte e identità
In pratica, oggi si tende a riconoscere un equilibrio tra due diritti fondamentali:
- Il diritto d’autore dell’artista, che tutela la sua creatività e impedisce l’uso commerciale non autorizzato dell’opera;
- Il diritto all’immagine e all’identità personale del tatuato, che tutela la libertà di mostrarsi e di disporre del proprio corpo.
Molti tatuatori risolvono la questione in modo pragmatico, inserendo clausole di consenso scritto: l’artista rinuncia a parte dei diritti d’autore, permettendo al cliente di mostrare e utilizzare liberamente il tatuaggio nella vita quotidiana o online.
💭 Riflessione finale
Il tatuaggio, più di qualsiasi altra forma d’arte, vive nel corpo e con il corpo.
È una creazione condivisa, un punto d’incontro tra l’immaginazione dell’artista e la storia personale di chi sceglie di portarlo.
Forse, più che chiederci a chi appartiene, dovremmo chiederci come rispettare entrambi i protagonisti di quest’opera vivente — l’artista e il tatuato — in un equilibrio di libertà, riconoscimento e reciproca ispirazione.
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